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AGRICOLTURA
Settore dell'attività economica che comprende
la coltivazione della terra, l'allevamento del bestiame e una prima preparazione
dei prodotti alimentari e delle materie prime che si ricavano. Nel linguaggio
degli economisti e degli storici dell'economia si indica il complesso
delle attività agricole come settore primario, per distinguerlo
dall'industria (settore secondario) e dall'insieme dei servizi
(settore terziario). Ogni attività agricola si presenta
come la rottura del circolo naturale di crescita della vegetazione. Questa
avviene sottraendo al suolo sostanze minerali e poi, dopo la maturazione,
restituendo al suolo i resti vegetali e anche i minerali. L'uomo, cibandosi
di alimenti generati dal terreno, interrompe la circolarità di
questo ecosistema. Ogni attività agricola si presenta, perciò,
come l'insieme delle tecniche elaborate con il fine di rigenerare il suolo
ricostituendo, così, le potenzialità produttive del terreno.
Solo in questo modo lo sfruttamento della terra può diventare una
pratica regolare e costante nel tempo. L'affermazione e la diffusione
dell'agricoltura iniziarono con la rivoluzione neolitica, o rivoluzione
agraria del Neolitico: le prime forme di sfruttamento continuato del suolo
si affermarono infatti intorno all'8000-7000 a.C., prima di tutto nel
medio Oriente. In seguito le tecniche agricole si diffusero sia verso
Oriente (India e Cina) sia verso Occidente (Europa). Collegati alla nascita
dell'agricoltura furono due eventi decisivi per la storia del genere umano.
Il primo è costituito dall'aumento di popolazione. Rispetto al
rapporto con l'ambiente che esisteva quando il cibo veniva procurato tramite
la caccia, la pesca e la raccolta, l'agricoltura costituiva un uso più
razionale e produttivo del terreno: aumentava la quantità di beni
alimentari che era possibile ottenere. Di conseguenza, un numero assai
più elevato di persone poteva essere tenuto in vita. Verso il 10.000
a.C. il numero degli abitanti della Terra poteva variare dai 2 ai 15 milioni
di abitanti. Nel mondo ancora prevalentemente agricolo alla vigilia dell'industrializzazione
moderna, più o meno verso il 1750, gli abitanti del pianeta erano
saliti a circa 750 milioni. La seconda conseguenza dell'affermazione delle
tecniche agricole fu che una quota della popolazione poté abbandonare
il lavoro diretto a ottenere il proprio sostentamento e dedicarsi ad altre
attività, come quelle religiose, politiche, militari. Per questo
la conseguenza della rivoluzione agraria del Neolitico fu la rivoluzione
urbana, cioè la nascita delle città. In tutta la Terra,
su circa 13,5 miliardi di ettari di terre emerse, solo 3,6 miliardi (poco
più di un quarto), formano lo spazio agricolo. Su questo spazio,
i modi di coltivazione in uso sono stati infiniti: ogni tecnica tende
a differenziarsi quando si piega alle esigenze di clima, di suolo, di
capitale e di lavoro disponibili in aree anche geograficamente vicine.
Pur con tutte le cautele indispensabili, si possono, tuttavia, raggruppare
i sistemi dominanti di agricoltura, nel lungo arco fra la rivoluzione
del Neolitico e l'industrializzazione, in tre ecosistemi fondamentali:
agricoltura discontinua; agricoltura irrigua; agricoltura del maggese.
L'agricoltura discontinua, o temporanea, è basata
sullo sfruttamento agricolo, protratto nel tempo, dello stesso suolo senza
che l'uso di abbondante concime animale o dell'irrigazione consentano
al terreno di rigenerare le proprie capacità produttive. Con strumenti
agricoli rudimentali (per lo più con la zappa e senza l'uso, o
con uso ridotto, di energia animale) il terreno viene coltivato per parecchi
anni di seguito. Dal momento che ben presto i rendimenti agricoli tendono
a diminuire, il suolo sfruttato deve, poi, essere abbandonato per parecchi
anni alla vegetazione spontanea. Si passa, così, alla coltivazione
di una nuova area, spesso diboscata col fuoco, in modo da fornire anche
una primitiva forma di concimazione (il sistema di concimazione del debbio)
grazie alle sostanze minerali che la cenere contiene. Prima dell'industrializzazione
questo sistema è esistito in modo particolare in aree marginali,
là dove la terra da sfruttare era abbondante e la popolazione scarsa.
L'agricoltura irrigua, o idraulica, è forse quella
che ha nutrito in passato le masse umane più numerose (si stima
il 60-70 per cento della popolazione mondiale). È caratteristica,
infatti, di regioni agricole nelle quali la terra è scarsa in presenza
di un numero di abitanti assai elevato. Tali sono, per esempio, aree dove
esistono grandi fiumi come la Cina, l'India, parte del medio Oriente,
l'Egitto, e parte dell'America centromeridionale. In tutte queste regioni
la rigenerazione del terreno avveniva prevalentemente tramite l'irrigazione
o l'allagamento periodico dei campi. La coltivazione intensiva (spesso
del riso), assicurata dall'inesauribile manodopera, e le acque dei fiumi
supplivano alla scarsità di energia animale e di concime, consentendo
rese agricole elevatissime e spesso anche più raccolti nel corso
dell'anno. Nell'agricoltura del maggese, caratteristica dell'Europa,
la rigenerazione del terreno, per la prevalente carenza di possibilità
di abbondante irrigazione, si basa sulla concimazione animale e sull'abbandono
temporaneo del suolo (maggese) un anno ogni due, o tre, o più (rotazione).
Si ricostituisce in questo modo quel patrimonio dei minerali indispensabili
per la fertilità, che solo permette di sottoporre di nuovo la terra
alla coltivazione. Dalla rivoluzione neolitica alla rivoluzione industriale
l'agricoltura, praticata con questi tre sistemi, ha formato la base fondamentale
di ogni attività economica. Ciò significa che: il reddito
prodotto in questo settore ha costituito la grande maggioranza (in taluni
casi il 70 per cento) del reddito di ogni regione; la quota di popolazione
occupata nell'agricoltura è stata sempre di notevole rilievo (talora
superando anche l'80 per cento). Solo in tempi recenti, nelle regioni
sviluppate, l'importanza del settore agricolo si è venuta riducendo.
In certe regioni industrializzate la manodopera occupata in agricoltura
ha raggiunto il 2 per cento delle forze lavorative. Ciò è
stato possibile anche in conseguenza dell'aumento delle produttività
agricole che si è registrato negli ultimi due secoli. Esso ha consentito
di liberare gran parte della manodopera dal lavoro della terra, di nutrire
con minore sforzo una popolazione sempre più ampia e di offrire
materie prime in quantità crescenti al settore industriale. L'industrializzazione
ha affondato le sue radici nei progressi tecnici in agricoltura.
P. Malanima

J. Kostrowicki, Geografia dell'agricoltura, Angeli, Milano 1980;
P. George, Manuale di geografia rurale, Comunità, Milano 1982;
C.M. Cipolla, Uomini, tecniche, economie, Feltrinelli, Milano 1966.
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